Una coincidenza che si ripete non è più un’illusione, ma un segnale. Esattamente 23 anni dopo e sempre di 10 maggio, la Salernitana é tornata nella massima serie, coronando una cavalcata trionfale in cui, tappa dopo tappa, ha dimostrato progressivamente di meritarsi il conseguimento di un sogno inimmaginabile solo ai nastri di partenza della stagione.
Una coincidenza che si ripete non è più un’illusione, ma un segnale. Esattamente 23 anni dopo e sempre di 10 maggio, la Salernitana é tornata nella massima serie, coronando una cavalcata trionfale in cui, tappa dopo tappa, ha dimostrato progressivamente di meritarsi il conseguimento di un sogno inimmaginabile solo ai nastri di partenza della stagione. Invece, lavoro, dedizione, umiltà e sacrificio hanno rappresentato gli ingredienti decisivi al fine di chiudere il campionato al secondo posto. Un miracolo a firma Fabrizio Castori, condottiero indomito capace di far breccia nei cuori anche dei più critici nei suoi confronti plasmando una squadra a sua immagine e somiglianza, in grado di produrre un ruolino di marcia meritevole del quinto cammino di sempre nella pluricentenaria storia granata.
La difesa si é rivelata granitica, a tratti impenetrabile, avendo in Belec, Gyomber e Bogdan i suoi uomini cardine. Si é perso il conto dei clean sheet firmati dalla saracinesca slovena, un estremo difensore solido, poco appariscente, ma estremamente redditizio sia nelle uscite che fra i pali. Gli altri due, invece, tacciati come babà del mercato estivo in quanto prelevati da compagini retrocesse lo scorso anno, hanno impedito tante volte agli avversari di segnare reti, effettuando interventi provvidenziali: Bogdan é stato anche bomber nei momenti topici del campionato, segnando reti decisive contro Cittadella, Brescia ed Empoli. Mantovani, Aya e Veseli sono stati in prevalenza diligenti ogni qualvolta sono stati chiamati in causa.
Sulle fasce, come non celebrare Casasola, forse l’emblema di questo exploit: calciatore bistrattato per lo stile di gioco, ma decisivo con le sue discese da stantuffo sulla destra, spesso risoltesi con assist invitanti o reti decisive. Discorso analogo per Jaroszynski, grande innesto del mercato di riparazione: la sua foto mentre morde il pallone é stata una delle istantanee del torneo gagliardo giocato dalla Bersagliera. A centrocampo, merita un monumento capitan Di Tacchio, frangiflutti dinanzi la difesa e leader morale della truppa. Capezzi è stato un soldatino capace di coniugare quantità e qualità, stesso discorso per Coulibaly, calato solo a fine torneo. Kupisz ha rivelato di essere un ottimo elemento, duttile in quanto impiegabile sia come fluidificante che come mezzala. Schiavone ha dato un buon contributo alla causa, mentre Kiyine avrebbe potuto dare qualcosa in più in certi frangenti del torneo. Cicerelli e Anderson sono stati croce e delizia della squadra, illuminando ad intermittenza con il loro talento le gare disputate dai granata.
Tra i frombolieri, parole al miele per Tutino, Gondo e Djuric. Il numero 9 é stato il capocannoniere della truppa e mattatore sotto porta, la punta africana é stato l’uomo in più del finale di torneo, mentre il gigante bosniaco, pur non essendo stato prolifico come con Ventura, ha profuso il solito lavoro sporco al servizio della squadra.
La Salernitana ha, dunque, centrato un miracolo sportivo, finendo davanti a compagini che hanno allestito squadre sulla carta molto più competitive ed attrezzate come Lecce, Monza, Brescia e SPAL. Ció ha dimostrato come le favole possano ancora verificarsi nel calcio: siamo certi che solo a distanza di tempo saremo in grado di comprendere a pieno il risultato sportivo sfavillante conseguito dalla Bersagliera che ora potrà nuovamente ospitare nel principe degli stadi le migliori compagini del panorama nazionale. A testa alta, MACTE ANIMO.