Domenica 23 novembre 1980, un giorno come un altro. Un cielo sereno, una splendida luna piena, lì sullo sfondo, ad illuminare quella serata ancora calda. All’improvviso un fortissimo tuono, la terra iniziò a sussultare. Ore 19.34: un orario indelebile nella mente e nei ricordi di quanti hanno vissuto quegli attimi interminabili. Novanta secondi di paura,
Domenica 23 novembre 1980, un giorno come un altro. Un cielo sereno, una splendida luna piena, lì sullo sfondo, ad illuminare quella serata ancora calda. All’improvviso un fortissimo tuono, la terra iniziò a sussultare. Ore 19.34: un orario indelebile nella mente e nei ricordi di quanti hanno vissuto quegli attimi interminabili. Novanta secondi di paura, di lacrime, di disperazione. Una scossa di magnitudo di 6,9 della scala Richter colpì tutta l’Irpinia, la Basilicata, le province di Napoli e Salerno, fino all’alta Puglia: quasi 3 mila morti, circa 9 mila feriti, 300 mila gli sfollati. Interi paesi rasi al suolo. Il grido d’aiuto da parte delle popolazioni interessate si alzò forte, ma la macchina della solidarietà tardò a mettersi in moto. Memorabile il titolo del quotidiano ‘Il Mattino’ di mercoledì 26 novembre 1980: “Fate presto” e l’accorato appello dell’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, parlando alla Nazione in diretta televisiva: “Quello che ho potuto constatare è che non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. A tutte le italiane e gli italiani: qui non c’entra la politica, qui c’entra la solidarietà umana, tutte le italiane e gli italiani devono mobilitarsi per andare in aiuto a questi fratelli colpiti da questa nuova sciagura. Perché, credetemi, il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi”.
Anche Salerno fu colpita da quel terribile evento. Nel pomeriggio di quella domenica si disputò, allo stadio Vestuti, la partita di campionato Salernitana Turris, terminata sul risultato di 1 a 1, grazie alle reti in avvio di gara di Capogna, per i corallini, e pareggio di Zaccaro, per i granata, proprio nei minuti finali. Quello stesso stadio che a distanza di poche ore sarebbe diventato il rifugio di tanti salernitani scappati dalle proprie abitazioni. La foto di copertina (tratta dal libro ‘La Salernitana prima dei 100 anni’ di Alfonso Pierro, edito NPE) documenta come centinaia di famiglie trovarono riparo sul terreno di gioco dell’impianto di Piazza Casalbore, assiepati all’interno delle proprie auto.
Lo stadio cittadino era assorto alla cronaca sportiva nazionale tanti anni prima. Come ricordato dai giornalisti Franco Esposito e Roberto Guerriero nel libro ‘Il Capitano – La storia di Donato Vestuti’ (edito Telecolore Edizioni), il 24 maggio del 1949 l’allora Stadio Comunale (intitolato a Vestuti il 2/9/1952) fu tappa dell’arrivo del Giro d’Italia (Cosenza-Salerno di 292 km), vinta in solitario da Fausto Coppi, davanti a Leonei e Gino Bartali. Nel 1962 lo stadio fu anche teatro di alcune scene del famoso film di Nanni Loy, ‘Le quattro giornate di Napoli’, in cui si racconta la protesta popolare dei napoletani contro le truppe tedesche, durante la seconda guerra mondiale.