Agostino Di Bartolomei oggi avrebbe compiuto 66 anni. Una carriera spesa in serie A, tra Roma, Milan e Cesena prima di giungere alla Salernitana, in quella che sarebbe stata l’ultima sfida prima di quel tragico 30 maggio 1994. Agostino Di Bartolomei nacque a Roma l’8 aprile 1955 e ben presto diventò un leader in campo
Agostino Di Bartolomei oggi avrebbe compiuto 66 anni. Una carriera spesa in serie A, tra Roma, Milan e Cesena prima di giungere alla Salernitana, in quella che sarebbe stata l’ultima sfida prima di quel tragico 30 maggio 1994. Agostino Di Bartolomei nacque a Roma l’8 aprile 1955 e ben presto diventò un leader in campo e fuori, nonostante un carattere schivo e riservato, molto lontano dai canoni classici del calciatore. Morì suicida la mattina del 30 maggio 1994 a San Marco, la frazione di Castellabate dove viveva, sparandosi un colpo di pistola Smith & Wesson .38 Special al petto. Erano trascorsi dieci anni esatti dalla finale di Coppa dei Campioni persa dalla sua Roma (di cui era capitano) contro il Liverpool. Prima di tutto questo Ago come era chiamato da tutti, arrivò alla Salernitana (all’epoca in serie C) per l’ultima tappa di una carriera di tutto rispetto. Ago riuscì a vivere questa nuova avventura con il solito grande senso di responsabilità e con la consueta estrema professionalità, pur sapendo che con aspettative così alte nei suoi confronti i rischi potessero essere sempre molto grandi. Infatti, per la piazza, Di Bartolomei è l’uomo che dovrà guidare la squadra campana all’assalto verso la promozione alla categoria superiore, che a Salerno manca da oltre vent’anni. Ma quello che accade dopo poche giornate di campionato è totalmente inaspettato e imprevedibile. Antonio Pasinato, l’allenatore dei granata, entra in conflitto con Di Bartolomei decidendo ben presto di prescindere da lui relegandolo il panchina. Per “Ago” è uno smacco tremendo. Non è certo questo il finale degno di una carriera come la sua. I risultati della squadra però sono disastrosi. Pasinato viene licenziato e con l’arrivo in panchina di Lamberto Leonardi tutto tornerà nella normalità con Agostino capitano e leader del team. La stagione successiva inizia sotto i migliori auspici. Il nuovo mister Giancarlo Ansaloni costruisce la squadra intorno a Di Bartolomei e i risultati arrivano immediatamente. Stavolta la promozione nella serie cadetta non è più un sogno. Alla penultima di campionato per la Salernitana è in programma la trasferta di Brindisi. Una vittoria potrebbe significare la tanto agognata promozione. La vittoria arriva e contemporaneamente i rivali diretti della Casertana perdono a Giarre. A firmarla, e non poteva essere altrimenti, è proprio lui: Agostino Di Bartolomei con uno dei suoi rinomati tiri da fuori area. Nella partita successiva contro il Taranto è solo una grande festa per entrambi i team neopromossi in Serie B. A fine partita c’è la classica, festosa invasione di campo. Il grande e indimenticabile Luigi Necco mette un microfono sotto il naso di Agostino che anche in quei momenti di festa mantiene il suo classico aplomb dichiarando con il suo sorriso dolcissimo e la sua inappuntabile flemma che “Questa è stata la mia ultima partita”. E così sarà, nonostante un campionato di Serie B da affrontare e nel quale la sua esperienza e la sua leadership sarebbero ancora utilissime. Da quel giorno felice invece, inizierà una rapida discesa verso quel buco nero nel quale Agostino Di Bartolomei scivolerà, giorno dopo giorno, sempre di più fino ad arrivare al suo ‘secondo’ maledetto 30 di maggio, quello di dieci anni dopo esatti dopo la serata della finale di Coppa dei Campioni. E’ il 30 maggio del 1994. Il giorno in cui Agostino Di Bartolomei prenderà la pistola di casa, acquistata tempo addietro “per proteggere la sua famiglia”, se la punterà al cuore e metterà fine a 39 anni alla sua vita. Lascerà tutti attoniti e sconvolti, senza fiato e senza risposte. Di lui rimarranno impresse l’umiltà, l’altruismo e alcune dichiarazioni come questa che sono rimaste nel cuore di chi lo ha sempre amato e sostenuto: “non ho mai vissuto di gelosie nè di ripicche o invidie. I miei compagni sono come fratelli e io sono un ragazzo semplice che vive di cose semplici. Non dovete ringraziarmi, sono io che mi sento grato a voi. A fine partita lasciate che sia io a battervi le mani”.
Omar Domingo Manganelli